martedì 2 aprile 2013

LA MORTE DI DON GIANNI GATTI (2)

Quando disse: "Vorrei un po' più di tranquillità"
MANDELLO LARIO - “Sono una persona indaffarata per impegni anche di carattere extrapastorale e che desidera un po’ più di tranquillità per mettere ordine dentro e fuori. Nelle comunità parrocchiali in cui ho vissuto non mi sono mai sentito deluso, anche se le incomprensioni devono essere messe nel conto dei compiti affidati a un sacerdote. Sento comunque una grande riconoscenza per l’aiuto che ho ricevuto dai parrocchiani di ogni comunità in cui mi sono trovato a svolgere il mio ministero”.
Si raccontava così, don Gianni Gatti (nella foto), in una chiacchierata riportata sul numero speciale del bollettino Voci dalla Grigna della Parrocchia mandellese del Sacro Cuore pubblicato nel 1999 in occasione del cinquantesimo anniversario di ordinazione del sacerdote morto ieri a Como all’età di 86 anni.
Alla domanda su quando aveva sentito che sarebbe diventato sacerdote don Gianni rispose: “Il proposito di entrare in Seminario è nato in me quando frequentavo la terza elementare. Vivevo in una famiglia religiosa e facevo il chierichetto. Il desiderio di diventare prete l’ho avuto quasi spontaneamente. Devo dire anche che alcune persone che mi conoscevano non erano molto convinte. Soprattutto si era dimostrata sorpresa e incredula la mia maestra delle elementari quando, alla fine della classe quinta, le avevo comunicato la mia decisione”.
Cosa significa essere sacerdote oggi?, gli era stato chiesto. E don Gianni rispondeva: “Significa essere convinti, tanto più in una società dove molti valori sembrano essere ribaltati, che la presenza del sacerdote è un punto di riferimento importante non tanto per le sue doti personali quanto per il ministero che Cristo gli ha affidato”.
C.Bott.

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