di Claudio Bottagisi
PIANI RESINELLI - Il canto del Signore delle cime, poi l’ultimo abbraccio dei “suoi” Ragni, che hanno portato a spalle la bara fuori dalla piccola chiesa, dove a fatica avevano trovato posto tutti coloro i quali hanno voluto dare l’estremo saluto ad Annibale Zucchi, pilastro dell'alpinismo italiano e dei “maglioni rossi”, morto alla soglia degli 80 anni.
Ai Piani Resinelli, dove Zucchi viveva da oltre cinquant’anni, oggi è il giorno della commozione e delle lacrime. E dei ricordi. Su tutti, quelli di Gigi Alippi, un altro grande dei Ragni, che fu con lui alla Sud del McKinley nel 1961. Oggi faticava, il Gigi, a trattenere le lacrime, ma il dolore per la perdita di un vero amico non gli ha impedito di ricordare l’Annibale alpinista. E l’Annibale uomo. “Abbiamo passato giorni felici, in Alaska - ha detto rivolgendosi idealmente proprio a Zucchi e fissando quella bara quasi a voler guardare negli occhi l’amico Annibale - e lassù, ti ricordi?, siamo tornati bambini. Io in te vedevo la roccia, la stabilità…”. “Adesso - ha aggiunto Alippi - voglio mandarti un grosso bacio e ricordare due abbracci: quello appunto in cima al McKinley, dove nonostante i 40 e più gradi sottozero c’era tra noi un grande calore, e quello di qualche anno più tardi in vetta all’Jirishanca”.
“Ho avuto grande ammirazione per Annibale Zucchi - aveva detto poco prima Fabio Palma, presidente dei Ragni - perché era un grandissimo. Sì, un grandissimo capocordata che ha lasciato un segno profondo nella storia del nostro gruppo”. E Pierino Ravà, anche lui Ragno della Grignetta e organizzatore di raid nel deserto, non è stato da meno: “Amava la natura, l’Annibale, e se è vero che faticava a manifestare atteggiamenti di tenerezza verso gli altri è altrettanto innegabile che avesse una grande affettività. Lui non è mai stato ipocrita, nella sua vita”. Poi una personalissima annotazione: “Di Annibale ricordo e ricorderò sempre le sue mani, così forti, mani che sapevano lavorare come quelle di nessuno…”.
La tenerezza, già. Soltanto in apparenza quel sentimento non apparteneva a Zucchi, perché in realtà anche lui era capace di atteggiamenti affettuosi. “Io li ho conosciuti da sorella minore - ha detto Anna, ultima di undici tra fratelli e sorelle - in particolare quando nostra madre era ammalata e lui andava a trovarla. Adesso proprio lei, con papà, lo starà aspettando per stringerlo a sé. Mio fratello Annibale era una guida e continuerà a esserlo. E lassù attenderà tutti noi”.
Significative erano state anche le riflessioni di don Vittorio Bianchi, parroco di Abbadia Lariana, che all’omelìa aveva ricordato come per chi ha fede la vita va oltre la morte. “No, non è tutto finito - aveva detto - perché noi sappiamo che Cristo è risorto e ha vinto la morte. Rinnoviamola, questa certezza, e diamo al mondo una dimensione di speranza”. “Ricordiamo poi questo nostro fratello - aveva aggiunto - amante delle cose belle e delle sfide da affrontare. Lui era un uomo che pensava e che non sprecava le parole e questo vuol dire essere saggi. E la sua testimonianza sia patrimonio di una vita in cui godere delle cose belle”.
Toccante, a inizio cerimonia, anche il canto della Leggenda della Grigna intonato lassù, proprio ai piedi della Grignetta e davanti alla bara di un Ragno che della Grigna conosceva ogni sentiero. E ogni parete. E commovente pure la preghiera letta - a cerimonia quasi conclusa - da Giuseppe Orlandi, per tutti il “Calumer”, da qualche settimana alla guida del Cai Ballabio. Nelle prime file più di un “maglione rosso” non ha saputo trattenere una lacrima. E dentro la chiesetta dei Resinelli l'applauso è salito alto.
Di seguito, le immagini del rito funebre celebrato ai Piani Resinelli (cliccare sulle foto per ingrandirle).
(FOTOSERVIZIO CLAUDIO BOTTAGISI) |
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