lunedì 11 marzo 2013
IL PRESULE ORIGINARIO DI MANDELLO LARIO
Il vescovo Dante Lafranconi: " Chi serve, non va mai in pensione"
Alla vigilia dell'apertura del Conclave che dovrà eleggere il nuovo Papa, il vescovo di Cremona monsignor Dante Lafranconi, originario di Mandello Lario, ci ha inviato questa sua testimonianza, nella quale il presule torna sulla rinuncia di Benedetto XVI al pontificato:
"Ci siamo ormai abituati alla figura dei vescovi emeriti, cioè di quei vescovi che, raggiunti i 75 anni di età, presentano al Papa, secondo l’indicazione del Diritto Canonico la rinuncia all’ufficio pastorale di una Chiesa particolare, ricevuto a suo tempo dallo stesso Pontefice. Ma questo non si è mai verificato per il Vescovo di Roma (eccetto il caso di Celestino V che rinunciò al pontificato per motivi e in frangenti ben diversi dall’attuale). Per cui la decisione di Benedetto XVI di “rinunciare al ministero di Vescovo di Roma” ha colto tutti di sorpresa.
A pensarci bene essa si colloca nella stessa logica di quanto è richiesto a tutti i vescovi e cioè che si possa considerare ragionevole lasciare un compito così gravoso e carico di responsabilità quando le forze, per l’età o per la salute, vengano meno. Ed è esattamente quello che il Papa scrive nella dichiarazione letta durante il Concistoro: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”, per il quale “è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.
Traspare chiaramente da queste parole l’iter interiore della coscienza che ha condotto il Papa alla sua decisione: la consapevolezza di non riuscire più ad esercitare in modo adeguato e bene il ministero papale. E’ una coscienza che manifesta una grande libertà interiore guidata dalla verità e dal senso di responsabilità. La scelta - intenzionale? - della Giornata mondiale del malato per rendere pubblica la sua decisione è in piena sintonia con le motivazioni sopra ricordate. Comunque, intenzionale o meno, le parole di Benedetto XVI contengono un messaggio da tener presente: che il suo ministero, come ogni altro ministero nella Chiesa, “per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando”. Come a dire: possono cambiare le forme dell’esercizio del ministero, cioè il tipo di lavoro nella vigna del Signore, ma la dedizione generosa e appassionata al Regno di Dio e alla Chiesa che ne è segno visibile, questa non cessa mai.
Il servitore, prete o vescovo che sia, non va mai in pensione, se per pensione si intende una nicchia per passare gli ultimi anni in una vita comoda e privata. La preghiera, l’accettazione delle molteplici limitazioni connesse col passare degli anni sono un altro modo di servire la Chiesa, diverso ma non meno efficace, di quello che ha caratterizzato in precedenza il ministero.
Santo Padre, in questi giorni ho la fortuna di incontrarLa un’ultima volta faccia a faccia nella visita ad limina. Mi permetta di esprimere, anche a nome della Chiesa che è in Cremona, tutta la gratitudine e l’affetto filiale verso la Sua persona, il Suo esemplare servizio e la Sua testimonianza di fede. E sia certo della nostra preghiera per Lei, come noi siamo certi della Sua preghiera per noi".
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento